Notizie Paleontologiche

UN DINOSAURO UNICO AL MONDO

Scipionyx samniticus, detto “Ciro”, è un fossile eccezionale
E Pietraroja è uno scrigno di paleo-biodiversità “ad alta risoluzione”

di Cristiano Dal Sasso
Museo di Storia Naturale di Milano, Sezione di Paleontologia dei Vertebrati

Scipionyx samniticus, noto col soprannome giornalistico di “Ciro”, fu il primo dinosauro scoperto in Italia. Trovato nel 1980 a Pietraroja (Benevento) dal veronese Giovanni Todesco, è uno dei dinosauri più piccoli al mondo ma la sua importanza scientifica è enorme. Nel 1998 fu riconosciuto a livello internazionale come uno dei fossili più importanti nella storia della paleontologia, conquistando la copertina di Nature per il suo eccezionale stato di conservazione. Più recentemente (2005-2011), su gentile concessione della Soprintendenza Archeologica di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta (allora con unica sede centrale a Salerno), lo scrivente e il collega Simone Maganuco hanno riesaminato il fossile con l’ausilio di tecniche innovative, scoprendo che gli organi interni di Scipionyx sono fossilizzati in modo ancora più eccezionale, fino a livello cellulare e subcellulare. Insomma, quell’esserino non più lungo di cinquanta centimetri è, tuttora, il dinosauro meglio conservato al mondo. I risultati di questa vera e propria “paleo-autopsia” hanno prodotto una monografia di 300 pagine, edita tra le Memorie (volume XXXVII, fascicolo I) della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo di Storia Naturale di Milano e intitolata “SCIPIONYX SAMNITICUS (THEROPODA: COMPSOGNATHIDAE) FROM THE LOWER CRETACEOUS OF ITALY. Osteology, ontogenetic assessment, phylogeny, soft tissue anatomy, taphonomy and palaeobiology”.

Vita breve ma intensa
Ciro è l’unico esemplare conosciuto della specie Scipionyx samniticus (nome che significa “l’artiglio di Scipione che viene dal Sannio”). Le sue piccole dimensioni e le “strane” proporzioni del corpo, come gli occhi enormi e il muso corto, sono un chiaro indizio di immaturità. Difficile capire quanto sarebbe cresciuto, tuttavia in base a confronti con altri compsognatidi (il gruppo di dinosauri cui appartiene) si stima che da adulto non superasse i due metri di lunghezza. L’autopsia su Scipionyx ci ha rivelato molti particolari della sua vita. Appena uscito dall’uovo, con la fontanella aperta sul cranio come nei nostri neonati e col ventre ancora gonfio di una piccola riserva nutritiva di tuorlo, Ciro ebbe giusto il tempo di sgranchirsi le gambe e assaporare i primi pasti. Di questi sappiamo persino l’ordine in cui furono ingeriti (un dato quasi impossibile da ricavare nei fossili!) in quanto i resti delle sue prede, anch’essi fossilizzati, sono rimasti intrappolati in punti precisi lungo il tubo digerente. Da qui l’ennesima scoperta: la dieta di questo dinosauro “carnivoro” in realtà non comprendeva solo carne (piccoli rettili) ma anche pesci. Le dimensioni relativamente grandi di una zampa di lucertola trovata nello stomaco di Ciro fanno anche supporre che il piccolo dinosauro sia stato nutrito dai genitori con pezzi di prede catturate e sminuzzate appositamente. Il dinosauro neonato non ebbe neppure il tempo di digerirla. Un evento improvviso, forse un uragano, pose fine ad una vita durata solo pochi giorni, ma la fossilizzazione permise un vero miracolo. Grazie a particolari condizioni fisico-chimiche, presenti sul fondo della laguna in cui si depositò la carcassa del piccolo dinosauro, gli organi interni furono invasi dalle acque minerali prima che potessero decomporsi e vennero replicati da cristalli di fosfato di calcio più piccoli di un millesimo di millimetro, che ancora oggi ci mostrano strutture anatomiche delicatissime.

Vita breve ma intensa
Ciro è l’unico esemplare conosciuto della specie Scipionyx samniticus (nome che significa “l’artiglio di Scipione che viene dal Sannio”). Le sue piccole dimensioni e le “strane” proporzioni del corpo, come gli occhi enormi e il muso corto, sono un chiaro indizio di immaturità. Difficile capire quanto sarebbe cresciuto, tuttavia in base a confronti con altri compsognatidi (il gruppo di dinosauri cui appartiene) si stima che da adulto non superasse i due metri di lunghezza. L’autopsia su Scipionyx ci ha rivelato molti particolari della sua vita. Appena uscito dall’uovo, con la fontanella aperta sul cranio come nei nostri neonati e col ventre ancora gonfio di una piccola riserva nutritiva di tuorlo, Ciro ebbe giusto il tempo di sgranchirsi le gambe e assaporare i primi pasti. Di questi sappiamo persino l’ordine in cui furono ingeriti (un dato quasi impossibile da ricavare nei fossili!) in quanto i resti delle sue prede, anch’essi fossilizzati, sono rimasti intrappolati in punti precisi lungo il tubo digerente. Da qui l’ennesima scoperta: la dieta di questo dinosauro “carnivoro” in realtà non comprendeva solo carne (piccoli rettili) ma anche pesci. Le dimensioni relativamente grandi di una zampa di lucertola trovata nello stomaco di Ciro fanno anche supporre che il piccolo dinosauro sia stato nutrito dai genitori con pezzi di prede catturate e sminuzzate appositamente. Il dinosauro neonato non ebbe neppure il tempo di digerirla. Un evento improvviso, forse un uragano, pose fine ad una vita durata solo pochi giorni, ma la fossilizzazione permise un vero miracolo. Grazie a particolari condizioni fisico-chimiche, presenti sul fondo della laguna in cui si depositò la carcassa del piccolo dinosauro, gli organi interni furono invasi dalle acque minerali prima che potessero decomporsi e vennero replicati da cristalli di fosfato di calcio più piccoli di un millesimo di millimetro, che ancora oggi ci mostrano strutture anatomiche delicatissime.

Organi interni, cellule e tracce di sangue
Per essere un fossile, per di più risalente a 110 milioni di anni fa (Cretaceo inferiore), Ciro conserva una incredibile varietà di tessuti molli: legamenti tra le vertebre, cartilagini articolari, connettivi del collo, parte dell’esofago e della trachea, tracce del fegato, l’intero intestino, vasi sanguigni, fasci muscolari composti da cellule ancora perfettamente allineate. Ancora più stupefacente appare che alcuni elementi chimici utilizzati in vita dall’organismo, come il ferro accumulato nell’emoglobina del sangue, siano rimasti là dove erano, nel petto del dinosauro. La microsonda del SEM (microscopio elettronico a scansione) che ha effettuato le analisi non ha lasciato dubbi: quel ferro è autigeno. Ovvero, quegli stessi atomi, 110 milioni di anni fa, si trovavano nei globuli rossi di Ciro che, spinti da un piccolo cuore pulsante, trasportavano ossigeno vitale nel suo caldo corpicino piumoso. Sì, proprio così: caldo e piumoso. Ciro era quasi certamente un animale a sangue caldo e, per mantenere costante la temperatura corporea, probabilmente era ricoperto di filamenti piumosi, come i suoi “cugini” cinesi del genere Sinosauropteryx. Il SEM del Museo di Storia Naturale di Milano ha permesso di “navigare” nei tessuti molli del dinosauro fino a migliaia di ingrandimenti. Così, per esempio, oltre a misurare la concentrazione di ferro nei resti del fegato, è stato possibile vedere i batteri fossilizzati nell’intestino e misurare le bande dei sarcomeri (le strutture di base della contrazione dei muscoli) in una singola cellula muscolare. Pertanto Ciro è divenuto un esemplare di riferimento per molte discipline scientifiche, diventando celebre non solo tra paleontologi ma anche biologi evoluzionisti, morfologi funzionali, anatomisti comparati, fisiologi, veterinari, erpetologi ed ornitologi.

Pietraroja: un intero ecosistema fossilizzato in situ
I famosi “calcari ad ittioliti” di Pietraroja affiorano in località Le Cavere, subito sopra l’abitato, e risalgono all’Aptiano (Cretaceo inferiore). Il giacimento, noto da più di 200 anni, racchiude una intera comunità di organismi – in gran parte marini – fossilizzati con dettagli anatomici straordinari, dunque rappresenta un raro scrigno di paleo-biodiversità. Conserva una varietà incredibile di forme di vita, dalle alghe microscopiche alle piante superiori, dai foraminiferi ai molluschi, ai crostacei. I pesci sono abbondantissimi. E’ noto anche un anfibio, che testimonia l’esistenza di acqua dolce sulle terre circostanti quella antica laguna tropicale. Fra i rettili, oltre all’unico esemplare del dinosauro teropode Scipionyx samniticus sono state ritrovate numerose specie di rincocefali e squamati, simili rispettivamente all’odierno tuatara e alle lucertole, nonché coccodrilli di piccole dimensioni, appartenenti alla specie Pachycheilosuchus ormezzanoi.
Gran parte di questi fossili si trova al Museo di Paleontologia dell’Università di Napoli “Federico II”. Ma oltre ai musei, dove la visione pubblica è certamente facilitata, è bene ricordare che anche i giacimenti stessi devono essere luoghi di tutela e divulgazione importanti. Anzi, siti come quello di Pietraroja, proprio in virtù della loro concentrata ma delicata ricchezza di reperti fossili, vanno preservati, studiati e resi fruibili anche in loco. Sono giacimenti di dati geologici, paleontologici, stratigrafici, paleoecologici e paleoambientali, testimoni della lenta evoluzione nel tempo che ha avuto la vita e, insieme ad essa, il paesaggio circostante. L’istituzione dei siti geopaleontologici è dunque fondamentale per il nostro Paese, così ricco di storia… ma anche di preistoria. Questi luoghi sono veri e propri musei all’aperto, nei quali è nostro dovere conservare, studiare, mostrare e tramandare la storia del nostro territorio nel suo contesto originario.

QUI altre info su Pietraroja

Bibliografia essenziale

Carannante G., Signore M. & Vigorito M. (2006) Vertebrate-rich Plattenkalk of Pietraroia (Lower Cretaceous, Southern Apennines, Italy): a new model. Facies 52: 555-577.
Dal Sasso C. & Signore M. (1998) Exceptional soft-tissue preservation in a theropod dinosaur from Italy. Nature 392: 383-387.
Dal Sasso C. & Maganuco S. (2011) Scipionyx samniticus (Theropoda: Compsognathidae) from the Lower Cretaceous of Italy. Osteology, ontogenetic assessment, phylogeny, soft tissue anatomy, taphonomy and palaeobiology. Memorie della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano 37: 1-281.
Schweitzer M.H. (2011) Soft Tissue Preservation in Terrestrial Mesozoic Vertebrates. Annual Review of Earth and Planetary Sciences 39: 187-216.
Wilby P.R. & Briggs D.E.G. (1997) Taxonomic trends in the resolution of detail preserved in fossil soft tissues. Geobios 20: 493-502.

Scritta da Marco Cherin

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