Le impronte umane fossili sono fra i reperti più rari e preziosi per tutti coloro che studiano l’antichità dell’Uomo. Sono fotogrammi congelati nella roccia, che raccontano forme e comportamenti in modo suggestivo ed esaustivo. Sul versante nord-occidentale del vulcano Roccamonfina, nel Comune di Tora e Piccilli (provincia di Caserta), è ubicato un sito unico al mondo, che conserva numerosissime icniti umane. Considerate a lungo le “orme del diavolo” dagli abitanti del luogo, esse sono, in realtà, le orme fossili dei primi Italiani e fra le più antiche testimonianze icnologiche del mondo riferibili a esemplari del genere Homo.
Descrizione del sito delle “Ciampate del Diavolo”
Il sito paleontologico delle “Ciampate del diavolo” è un luogo davvero straordinario, che conserva evidenze paleontologiche estremamente preziose e uniche al mondo. Su un pendio di tufo leucitico bruno, infatti, sono conservate orme accertate di ominini vissuti nel medio Pleistocene. Tali orme hanno il potere di descrivere non solo la struttura anatomica di coloro che le lasciarono, ma anche i loro schemi comportamentali, le loro scelte, i loro movimenti nella vita di tutti i giorni, all’aria aperta, nell’ambiente che condivisero con gli altri animali del tempo, le cui orme, pure fossilizzate, affiancano quelle umane. Il fatto che siano ubicate su un pendio molto acclive, che, in alcuni punti, raggiunge inclinazioni anche dell’85%, rende possibili valutazioni strutturali e biomeccaniche altrove impensabili, dal momento che tutti gli altri icnositi di ominini del mondo, finora noti, sono ubicati su superfici sub-planari o appena inclinate. Nel sito paleontologico delle “Ciampate del diavolo” la gran parte delle orme umane fossili, che furono lasciate su un substrato ancora irregolarmente molle e infido, sono allineate in due piste che hanno geometrie sconvolgenti:
Pista A
La Pista A, composta da ben 26 orme di piedi umani nudi, in regolare alternanza destro/sinistro, descrive una “Z”, essendo composta da tre segmenti incidenti, che consentirono all’ominide in discesa di compensare perfettamente la forte inclinazione mediante spostamenti diagonali, esattamente come faremmo noi, oggi, nelle stesse condizioni.
Pista B
La Pista B, invece, è un unicum assoluto, con la sua varietà di movimenti: dopo un breve tratto rettilineo diagonale orientato verso sud-est, l’ominide si trovò coinvolto in un imprevisto cedimento del fondo e scivolò lungamente, appoggiando il fianco sinistro al pendio e imprimendo profondamente la zona carpale della mano sinistra sulla fiancata a monte per riconquistare l’equilibrio perduto. Durante il suo slancio in avanti, alla ricerca di stabilità, egli impresse profondamente non solo i piedi, ma anche i polpacci e le caviglie, lasciando, così, impronte di altre parti anatomiche del corpo umano che, fino ad oggi, non sono testimoniate in nessun’altra parte del mondo, se non in qualche raro contesto cultuale di epoca molto più recente.
Il più antico sentiero preistorico fino ad oggi conosciuto
Entrambe le piste si staccano da una sorta di cengia apicale, su cui sono rimasti fossilizzati i movimenti bi-direzionali di più ominini che vi si spostavano in modo casuale. È stato recentemente dimostrato che tale struttura è un sentiero preistorico, il più antico sentiero umano fossile del mondo noto fino ad oggi. Esso, infatti, come tutte le altre orme, è stato datato radiometricamente, con il metodo 40Ar/39Ar, a 349 ± 3 Ka. Il medesimo sentiero, inoltre, essendo ancora segnato sulle carte topografiche ufficiali ancora in uso, oltre che in quelle storiche, rappresenta l’unica testimonianza di una persistenza nelle scelte delle dinamiche insediative umane che può durare ininterrottamente per centinaia di migliaia di anni, se tali scelte, come accade nell’areale del vulcano Roccamonfina, sono fortemente condizionate dalle geomorfologie. Ulteriori evidenze icnologiche nel sito delle “Ciampate del diavolo” sono ancora all’attenzione dei ricercatori, ma quanto già studiato e dimostrato è già sufficiente per farne uno dei siti paleontologici umani più importanti del nostro pianeta. All’epoca della loro prima divulgazione scientifica ufficiale, nella primavera del 2003, le orme umane fossili di Tora e Piccilli erano le più antiche del mondo, fra quelle accertate, riferibili al genere “Homo” e ciò fece sì che esse venissero annunciate dalle pagine di Nature, cioè di una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo.
Il contesto geologico, la storia della scoperta e l’origine della leggenda
Le orme umane fossili note come “Ciampate del diavolo”, che è espressione vernacolare traducibile con “Orme del diavolo”, sono impresse su una superficie di Tufo Leucitico Bruno, ascrivibile alla seconda fase eruttiva del vulcano Roccamonfina, che fu di tipo prevalentemente pliniano e sub-pliniano. Su una superficie ormai raffreddata e ancora plastica, in corso di neoformazione, camminarono ominini e animali lasciandovi le loro impronte. La loro fossilizzazione è stata resa possibile dai materiali sottili del fall-out che riempirono le stesse cavità, consentendo loro di asciugarsi, prima che un nuovo flusso piroclastico le seppellisse definitivamente, preservandole fino ai nostri giorni. La litificazione definitiva del deposito piroclastico è dovuta alla presenza di minerali di neoformazioni del gruppo delle zeoliti che, i vulcanologi dell’équipe di ricerca, hanno individuato nella K-Cabasite e nella Phillipsite. Data la notevole estensione delle formazioni di Tufo Leucitico Bruno della medesima epoca e con la medesima composizione chimica, i ricercatori hanno ipotizzato che le “Ciampate del diavolo” possano non essere un fatto isolato, ma che ve ne possano essere altre sparse in qualche altro punto dell’areale vulcanico. Finora non sono state trovate, ma la possibilità esiste ancora. La difficoltà di ritrovare altre orme, anche nelle immediate vicinanze delle “Ciampate del diavolo”, è dovuta al fatto che la litificazione dei depositi piroclastici non ha avuto luogo in modo omogeneo: a formazioni di tufo litoide molto compatto si alternano ampi settori dati da materiale poco litificato che si sgretola con grande facilità. Tale fenomeno è comune sia all’unità impressa sia a quella che la sigilla ed è proprio questo l’elemento che ha favorito la riesposizione delle icniti umane. Infatti, una serie di piogge torrenziali, verificatesi nel primo trentennio del secolo XIX, che procurò enormi danni alle strutture civiche e produttive locali, accelerò lo scivolamento verso valle della coltre di detriti che seppelliva le orme fossili e le riportò alla luce. Secondo logiche abbastanza comuni fra le realtà contadine di cultura subalterna, gli abitanti dei luoghi interpretarono gli eventi naturali catastrofici come una sorta di punizione divina per colpe non precisabili e individuarono come punitore il diavolo, ossia l’unico essere capace di poter camminare indenne fra i materiali del vulcano, che loro credettero incandescenti. Interpretarono, così, le grandi cavità che contengono le orme fossili come le orme stesse e le attribuirono al diavolo, originando la leggenda delle “Ciampate del diavolo”, che ha acceso l’immaginario popolare, ha alimentato suggestioni e ipotesi, e ha tenuto banco fino al giorno della intuizione da parte di due ricercatori del territorio, verificatasi il 4 agosto 2001, che ha dato l’avvio a una straordinaria scoperta scientifica.
Per approfondire
Avanzini M., Mietto P., Panarello A., De Angelis M. & Rolandi G. (2008). The Devil’s Trails: Middle Pleistocene Human Footprints Preserved in a Volcanoclastic Deposit of Southern Italy. Ichnos, 15: 179-189.
Mietto P., Avanzini M. & Rolandi G. (2003). Human footprints in Pleistocene volcanic ash. Nature, 422: 133.
Mietto P., Panarello A., Avanzini M., Sirano F., Santello L., Belvedere M., Rolandi G. & De Angelis M. (2013). Ciampate del diavolo. Le impronte dei primi uomini sul vulcano Roccamonfina, Roma: Spolia, 41 p.
Panarello A. (2016). L’areale vulcanico interno del Roccamonfina: quadri ambientali e analisi di contesto. Armando Caramanica Editore, Marina di Minturno, 79 p.
Panarello A., Santello L., Farinaro G., Bennett M.R. & Mietto P. (2017). Walking along the oldest human fossil pathway (Roccamonfina volcano, Central Italy)? Journal of Archaeological Science: Reports, 13: 476-490.
Rouchon V., Gillot P.Y., Quidelleur X., Chiesa S. & Floris B. (2008). Temporal evolution of the Roccamonfina volcanic complex (Pleistocene), Central Italy. Journal of Volcanology and Geothermal Research, 177 : 500-514.
Santello L. (2010). Analysis of a trampled formation: the Brown Leucitic Tuff (Roccamonfina volcano, Southern Italy). Tesi di Dottorato di Ricerca in Scienze della Terra, Università degli studi di Padova, Dipartimento di Geoscienze, Supervisore: Paolo Mietto, Co-Supervisore: Hans-Ulrich Schmincke.
Scaillet S., Vita-Scaillet G. & Guillou H. (2008). Oldest human footprints dated by Ar/Ar. Earth and Planetary Science Letters, 275: 320-325.
Testo: Adolfo Panarello e Paolo Mietto
Fotografie: Adolfo Panarello